Gioi, comune nel cuore del Cilento collinare, conserva il fascino di un borgo medievale e il calore di una comunità viva.
Il Comune di Gioi, sito nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i suoi quasi 700 mt. sul livello del mare, offre al visitatore un paesaggio mozzafiato. Dal parco urbano denominato “Il Castello”, ubicato sui resti dell’antica fortezza, è possibile abbracciare con lo sguardo dall’isola di Capri, a nord-ovest, fino alla punta estrema di Capo Palinuro, a sud-ovest. Di fronte, il Monte Stella e, poco più a sinistra, volgendo lo sguardo ad occidente, gli scavi archeologici dell’antica Elea, la torre di Velia, la costa del Mar Tirreno prospiciente il castello aragonese di Agropoli.
Il comune si compone di due borghi: Gioi capoluogo e la frazione di Cardile.
L’agricoltura è la principale attività di questo comprensorio, accanto a quella silvo-pastorale. Le coltivazioni prevalenti riguardano l’olivo e la vite e gran parte del territorio, suddiviso in piccoli campi, viene adoperato per produzioni orticole.
Storia
Il toponimo “Gioi” deriverebbe, in base a quella che oggi risulta essere la tesi più attendibile, dalla passata esistenza di un tempio pagano dedicato a Giove. L’origine di Gioi è antica e il luogo è ricco di memorie storiche a testimonianza della sua passata grandezza. Si ritiene che sia stata edificata dai gentili e che aumentò di prestigio in epoca normanna, quando diventò il terzo baluardo difensivo della Rocca di Novi. Testimoni della sua storia sono, nella parte più alta del paese, i ruderi del Castello e l’antica cinta muraria, in cui è possibile notare alcune torri e la porta detta “Dei Leoni”, l’unica delle sette porte sopravvissute, che, anticamente, consentivano l’accesso al centro abitato. Da vedere, le due bellissime chiese barocche di Sant’Eustachio e San Nicola, ricche di opere d’arte, e il convento di San Francesco, ai piedi del paese.
Le fonti storiche testimoniano che diverse furono le invasioni che si susseguirono sul territorio gioiese: Longobardi, Bizantini, Arabi e Saraceni (VII-X secolo).
Intorno all’anno Mille anche a Gioi, come in tutto il territorio cilentano, fu molto incisiva l’azione dei monaci greco-bizantini e latini, da cui si crede derivi l’attuale centro abitato.
Fin dal periodo dei Normanni, il paese di Gioi era considerato “un centro di difesa e centro per l’amministrazione della giustizia decentrata”. Di particolare rilievo furono, nella seconda metà del XV secolo, con gli Aragonesi, le iniziative commerciali e artigianali che trovarono la loro espressione nelle Fiere e che fecero conoscere il luogo fino ai centri toscani.
Il prestigio e la ricchezza commerciale del luogo scemarono nel XVII secolo, con l’arrivo della peste, lasciando il posto soltanto al lavoro agricolo, che continuò ad assicurare alla comunità la sopravvivenza.
Cardile
Sulla montagna tra Gioi e Cardile, tra l’VIII e il X sec., venne, probabilmente, costruita una laura basiliana, ad opera dei monaci italo-greci, chiamata, ancora oggi, “la Laura”, in riferimento proprio all’antico villaggio. “La Laura” (dal greco “quartiere”) era solitamente un luogo ameno su cui i monaci costruivano delle capanne di legno, dove si appartavano dal mondo, rifugiandosi nella preghiera e nella meditazione. Verso la metà del sec. XVI scomparvero alcuni casali, tra cui quello di Teano e Casalicchio, a causa delle scorribande compiute da Barbarossa, capo dei Saraceni, che dai lidi tirreni si spostava con rapace violenza verso le zone interne del Cilento. Si suppone che proprio gli abitanti di questi casali, costretti a riparare altrove, costruirono un nuovo nucleo abitativo: Cardile.