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giovedì 14 novembre 2024

Sentieri

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Il Cratere di Assteas rinvenuto a Fonte

Nel Museo Archeologico di Paestum, è custodito un antico vaso dipinto esposto in una vetrina, di stupenda bellezza e perfetta esecuzione. Era un grande cratere a volute, opera di Assteas (il noto ceramografo italiota che operò a Paestum tra il 360 e il 350 a.C.) ritrovato a Fonte di Roccadaspide, a breve distanza del Santuario dedicato ad Hera e precisamente nella zona di Temparossa, in proprietà Marchesano, all'interno di una tomba a camera risalente al periodo lucano.
Sul cratere erano state mirabilmente dipinte alcune scene del giudizio di Paride, chiamato a dirimere la prima mitica controversia del mondo occidentale, che non aveva come parti in causa e per protagonisti soltanto comuni mortali, ma anche il fior fiore degli abitatori del1' Olimpo.
L'avvenimento (che costituirà l'antefatto dei poemi omerici) è qui così ricordato.


Alle nozze di Teti, dea del mare, con Peleo, re di Ftia in Paride, Disxo Portland (vetro, I sec. A.C.) Tessaglia, (da cui poi fu generato Achille) furono invitati anche gli dei, ad eccezione, per ovvi motivi, della dea della Discordia. Questa, per vendicarsi dell'affronto subito, fece cadere sul tavolo imbandito per il banchetto nuziale un grosso aureo pomo recante la scritta: "Alla più bella"


Il fatto generò lo scompiglio tra gli invitati e, in particolare, tra Venere, Athena ed Hera, ciascuna pretendendo di avere tutti i requisiti per ritenersi destinataria del dono. Fu convenuto, perciò, di far dirimere la controversia da un giudice imparziale, che fu individuato in Paride, giovane, bello e forte pastorello, figlio di Priamo, re di Troia. Questi accettò l'incarico ed emise il verdetto in favore di Ve-nere, dea dell'Amore, la quale gli aveva promesso, (si seppe poi) come compenso per la scelta, l'amore di Elena, moglie di Menelao, la più bella tra le regine greche.


Fin qui il mito, le cui vicende furono interpretate da Omero come causa della lunga guerra, intrapresa dai Greci contro i Troiani (per vendicare l'affronto arrecato allo sposo di Elena, Menelao) che portò alla morte di Ettore, alla distruzione di Troia e a tutte le epiche gesta descritte nell'Iliade, o alle successive, interminabili peripezie di Ulisse, dallo Stesso poeta narrate nell'Odissea o all'impresa di Enea, da Virgilio cantata nell'Eneide. Gamikos labes attribuito ad Assteas Assteas aveva dipinto quel vaso con la consueta valentia ed eleganza e aveva saputo esprimere nel suo lavoro "'ironica caricatura" dei personaggi e principalmente del giudice, che sentenziò non per fare giustizia, ma per appagare il sogno di possedere la donna più bella del mondo, da Venere promessagli.


Doveva essere un personaggio molto famoso, certamente abbastanza ricco, e forse anche di bell' aspetto e prestante, l'uomo che nel IV secolo a.C. fu sepolto col prezioso cratere nella tomba di Temparossa.
Era stato un uomo d'armi e chissà quante spedizioni aveva com-piuto; la lancia, la corazza, l'elmo e lo scudo erano stati i suoi compagni fedeli in mille imprese ed ora costituivano preziosi elementi per una sua approssimativa identificazione. L' equipaggiamento mili-tare, infatti, custodito per tanti secoli nella sepoltura era del tipo di quelli in dotazione ai Lucani (il famoso elmo crestato, lo scutum, l'hasta, ecc.).
Ma ciò che incuriosì subito gli esploratori del sepolcro non fu solo il personaggio ospitato, la sua storia, le sue imprese o le armi da lui possedute, quanto la qualità del corredo funerario ritrovato, talmente prezioso da costituire un vero tesoro e da far pensare anche alla grande disponibilità economica della famiglia del defunto.
Non era frequente nelle sepolture dell'epoca collocarvi oggetti di siffatto valore perché le opere di Assteas avevano certamente un costo tale che non tutti potevano permettersi di sostenere. Di esse solo sei, firmate dall'Autore, ci sono pervenute e sono attualmente gelosamente conservate in vari musei. In quello Archeologico di Napoli vi sono un "Cratere a campana con Cadmo che uccide il serpente"; una "Lekythos ariballica con Eracle nel giardino delle Esperidi" e un altro "Cratere a calice con Frisso ed Elle". Nel Museo Archeologico di Berlino c'è un "Cratere a calice con scena fliacica"; a Villa Giulia in Roma un "Frammento di cratere a calice con figurazione parodistica di Aiace e Cassandra" e, infine, nel Museo Archeologico di Madrid è custodito un "Cratere a calice con pazzia di Eracle"
Ma nel mondo sono disperse numerose altre opere attribuite all'Artista o ai suoi seguaci e quella rinvenuta a Fonte è certamente una delle più belle e stilisticamente più perfette. In essa, infatti, appare in tutto il suo splendore la capacità narrativa ineguagliabile del magnifico Artista pestano che, alla valentia tecnica aggiungeva, esprimendola compiutamente nel suo lavoro, una concezione arti-stico-culturale nuova che fini per caratterizzare poi tutta un'epoca.
Era la concezione dell'età ellenistica che bussava alle porte della storia e che Assteas seppe egregiamente cogliere, interpretare e raccontare nei suoi dipinti, rendendo grande e famosa la sua arte e la sua scuola in Paestum.
Caratteristica affascinante del suo ingegno, riscontrabile compiutamente nel vaso di Fonte, è la perfezione del disegno, l'armonia dei colori, la linearità ed espressività delle figure e l'unità del racconto, motivi che egli aveva ereditato dai grandi maestri del mondo greco. Ma accanto a tali elementi classici si riscontra in quel cratere il gusto artistico di indugiare sul racconto narrativo per cogliere l'individualità e il carattere dei personaggi, che, in genere, è gusto tipicamente pestano e di Assteas in particolare. 
E così Fonte, punta di diamante della kora posidoniate, ha conservato per tanti secoli e restituito ora alla luce un capolavoro del mondo antico di inestimabile valore. Quel vaso, però, è stato rimosso dal luogo ove era stato esposto. È tornato nell'ombra e ora giace nasco-sto, chissà per quale misteriosa decisione, nei sotterranei del Museo pestano. Di esso nemmeno una fotografia è stato possibile ottenere.
 

[Fonte: "Assteas e il Cratere rinvenuto a Fonte" di Nicola di Dario - I Quaderni de La Favilla - Edizioni la Favilla]

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