La mozzarella nella mortedda nasce dall’esigenza di trasportare il formaggio dalle montagne dove si andava in alpeggio nei periodi estivi, principalmente nell’area del Monte di Novi Velia, il Gelbison. L’usanza era quella di fare delle mozzarelle a forma di lingua di mucca, cioè lunghe e piatte, con la stessa pasta per il caciocavallo, e di avvolgerle nella mortella, ovvero nelle foglie di mirto, con la duplice funzione di trasporto e conservazione. Ai tempi in cui non esistevano ancora frigoriferi, i pastori casari furono abili nell’utilizzare una materia prima disponibile in abbondanza tutto l’anno come copertura naturale, in grado di mantenere il microclima ideale. E furono anche fortunati visto che che la mortella regala alla mozzarella aromi e profumi unici