La cappella della Madonna delle Nevi, detta comunemente della Neve, in Campora, risale alla fine del 600 ed é stata costruita sulle rovine del cenobio italo-greco di San Giorgio risalente al IX secolo. Presenta sulla facciata principale, alla sinistra di chi guarda un piccolo campanile, che racchiude una campana di modeste dimensioni. Essa, tirata a mano, emette un suono argentino, soave inconfondibile, particolarmente festoso perché i suoi rintocchi sono legati al ricordo della festa del 5 di agosto.
La facciata, anticamente tutta bianca, è scandita da tre arcate che preannunciano le tre navate dell'interno a cui corrispondono tre altari. L'altare centrale dedicato alla Madonna, raffigurata a mezzo busto, mentre i due laterali riproducono su tela, rispettivamente, San Michele Arcangelo e San Francesco Saverio.
La cappella ha due ingressi: il principale ha un aspetto imponente, invece il secondario, sulla sinistra è molto piú modesto per fattura e dimensione. Nell'interno troviamo due acquasantiere, scolpite in pietra locale, che sono di una bellezza e precisione scultorea sorprendenti. Quella accanto alla porta secondaria è a forma di conchiglia; l'altra, la principale è perfettamente rotonda ed è sorretta da una colonnina finemente lavorata. Pure in pietra sono le due colonne che delimitano le tre navate. Una nota caratteristica è data dalla presenza di due pozzi (si dice che di acqua sorgiva) posti diagonalmente quasi a definirne il perimetro. Il soffitto, in legno è tutto decorato a mano che riproduce, giusto al centro, una seconda immagine della Madonna, quella che è custodita nella chiesa parrocchiale. Le pitture del soffitto sono di stile barocco-rococó. Predomina la linea sinuosa e serpentina, che alterna motivi architettonici e motivi floreali e vegetali.
Questo santuario, oggi poco noto, un tempo era meta di numerosi pellegrinaggi, come si evince dalle relazioni dei vari vescovi. Tutti attestano una comune caratteristica: il fenomeno della manna. Basti citare la relazione della visita pastorale di Monsignor P. Raimondi, del 19 marzo 1745, il quale, a proposito della nicchia della Madonna annota: “in qua recluditur umorem abundantem dictum manna”.
In altre parole, il vetro della nicchia, che racchiude la statua fittile della Madonna, si appanna con un velo di umiditá, che è detto manna. Questa, ritenuta miracolosa è raccolta con un fazzoletto e serve per ungere gli ammalati, in caso di malattia grave. In tale circostanza, anticamente, si usava impetrare la grazia alla Madonna con una piccola processione, formata da dodici fanciulle, le quali, con una corona di rovo in testa imploravano la Vergine, battendosi il petto e salmodiando litanie.
La festa piú importante cade il 5 agosto, mentre la festa votiva ricorre il martedí in albis. Nel primo caso, la ricorrenza è celebrata con grande solennitá ed è preceduta da una novena, che inizia il 27 luglio e si conclude il 4 agosto (la vigilia). In passato durante la novena, si celebrava la messa, la mattina molto presto, per dare la possibilitá ai pastori ed ai contadini di assistere alle funzioni religiose prima di andare in campagna. La sera si celebravano i vespri. Oggi i riti religiosi sono alquanto cambiati, ma il 5 agosto, rimane, in ogni caso, il giorno piú atteso. La messa è celebrata in modo solenne. Si parte dal paese con una lunga processione, preceduta dalle immancabili cénte ed è accompagnata dalla banda musicale. Arrivati davanti alla cappella bisogna effettuare tre giri intorno ad essa, prima di varcare la soglia d'ingresso. La messa è celebrata sull´imbrunire, affinché al ritorno si possa realizzare una suggestiva fiaccolata.
Testo tratto dal libro: "Ricerca storica sul Comune di Campora", di Beniamo Casuccio e Pasquale Feola.