La cappella di San Vito Martire è situata ai confini tra il territorio di Felitto e quello di Bellosguardo, nei pressi del fiume Pietra molto probabilmente per ricordare il luogo del martirio, ricompensa per avere liberato il figlio dell’imperatore Diocleziano dal demonio, che alcuni individuato alla foce del Sele.
L’originaria cappella non esiste più perché fu distrutta da una inondazione, quella che possiamo vedere oggi risale al 1850 ed è stata edificata grazie all’aiuto di una signora Italo-americana.
Nel febbraio del 1977, dei ladri entrati in chiesa, assieme ad altri oggetti portarono via anche il cagnolino che si trovava ai piedi della statua del santo.
La festa di San Vito era anche un importante momento economico perché nei giorni 12, 13 e 14 giugno vi si svolgeva una importante fiera di bestiame fin dal 1722 grazie ad una speciale autorizzazione concessa dal viceré Cardinale d’Altan il 15 luglio dello stesso anno.
Il rituale dei festeggiamenti, per certi aspetti ancora oggi rispettato, era molto preciso.
All’inizio del novenario, il 6 giugno, veniva issata sul punto più alto del castello del feudatario una bandiera bianca con lo stemma che doveva servire di invito ai fedeli. Il giorno 12, poi, l’immagine del santo veniva trasportata in processione dalla chiesa del paese a quella vicina al fiume Pietra. Apriva il corteo la bandiera del feudatario, colui che la portava era anche il responsabile della fiera e della festa. Tale ufficio veniva messo all’asta e ceduto al migliore offerente. Durante la processione, in segno di devozione venivano offerti taralli e vino. La mattina del 15 giugno la processione percorreva in senso inverso il tragitto, con l’aggiunta della squadra dei fucilieri, i quali esplodevano dei colpi a salve in segno di giubilo. Nel pomeriggio la bandiera veniva riconsegnata al feudatario.
Oggi il rituale eseguito è il seguente.
Il 12 giugno la statua di San Vito custodita nella chiesa dell’Assunta viene trasportata alla cappella nei pressi del fiume Pietra facendo tutto il percorso a piedi. La mattina della festa i fedeli si recano alla cappella per riportare indietro in processione la statua di San Vito nuovamente nella chiesa dell’Assunta.
È consuetudine che ai portatori della statua vengano offerti taralli e vino e maggiori sono i taralli ricevuti maggiore era la strada percorsa trasportando il santo.
Questa offerta di cibo si dice abbia origine da una leggenda che vuole San Vito come protettore del vino e del grano. Il Signore era molto arrabbiato con gli esseri umani ed aveva cominciato a distruggere i campi coltivati allora San Vito lo pregò di smettere per permettere così almeno ai suoi cani di poter sopravvivere. Allora il Signore si fermò e così il grano fu salvo anche se da allora i chicchi di grano restarono solo nella parte alta dello stelo mentre prima partivano dal terreno fino in cima.
I taralli quindi rappresentano il cibo salvato dalla distruzione come il mazzo di spighe posto nella mano destra del santo in contrapposizione con la palma del martirio posta nella mano sinistra